Il termine coming out significa, letteralmente, rivelazione. E, in fondo, di una rivelazione si tratta. Tradotta letteralmente in italiano potrebbe rendersi con – uscir fuori -, ma questa versione non ha superato l’uso della terminologia anglofona. Più utilizzati i verbi come dichiararsi o uscire allo scoperto. Nell’ambiente LGBT, ed estensivamente poco a poco per tutta la società, indica la decisione e l’atto di rendere pubblico il proprio orientamento sessuale.

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Ma non si tratta solo di questo. Rappresenta infatti un vero e proprio impegno a farsi portatori della propria identità, uscendo allo scoperto.
Diverso è poi il significato di outing; questo termine indica il racconto dell’altrui omosessualità da parte di soggetti terzi- Ha, quindi, una connotazione negativa e non prevede la volontà del diretto interessato, che subisce questa esposizione.
Tuttavia, ad oggi, i termini sono frequentemente confusi, quasi diventando sinonimi, di fatto. Inoltre, deve analizzarsi l’origine del termine, apertamente ironico: veniva utilizzato per le ragazze che esordivano in società, in genere, al ballo delle debuttanti.

Un dato reale esiste: si debutta sul serio in società. Facendo pace con quello che si è, prendendone coscienza a pieno e non avendone vergogna.
Il coming out è, per chi lo vive, un percorso senza fine. Partendo dal presupposto che la nostra società consideri ancora l’eterosessualità come la normalità, un’identità di genere o una sessualità differente andrebbero ribadite ad ogni incontro con una nuova persona.

– Il processo interno o coming out interiore

Parliamo di coming out interiore con riferimento al processo interiorizzato che, piano piano, matura negli individui che provano attrazione verso lo stesso sesso. Assumendo quindi coscienza della propria omosessualità o della propria identità di genere. Dalla consapevolezza bisogna, poi, passare all’accettazione. È un primo momento non semplice, fonte di nervosismo e spesso di profonda sofferenza.
Questo fenomeno e questi sentimenti negativi, non sono indotti soltanto da un processo personale. Se, da un lato, il soggetto coinvolto deve rimettere in discussione quelli che pensava essere i punti cardine della sua vita, dall’altro il vero limite e le vere paure derivano dal potenziale giudizio della comunità umana che vive.

Oltre al giudizio morale che considera l’eterosessualità normale e l’omosessualità o le identità di genere diverse anormali, anche i profili legislativo del nostro ordinamento giuridico sono ancora uniformati alla tutela della sola eterosessualità. La nostra legge tende, perciò, ad escludere da alcuni diritti o da alcune opportunità le coppie e gli individui omosessuali o transgender. In una sola parola si parla di: eteronormatività, come atteggiamento di maggior tutela nei confronti degli eterosessuali.
Anzi, il nostro mondo prova a negare la legittimità stessa di determinati comportamenti o, in casi estremi, il diritto all’esistenza stessa. Maggiori saranno gli elementi di discriminazione ed emarginazione, tanto più grande sarà il dolore arrecato.
A maggior ragione quando certi ambienti tendono alla colpevolizzazione dei singoli individui che stanno elaborando la propria vera sessualità.

– Il coming out esteriore

La fase interiore, termina con l’esteriorizzazione della propria identità sessuale. Paradossalmente il fenomeno è più semplice, dal punto di vista operativo, anche se con implicazioni diverse, per una persona nota.
Basterà un’intervista o, ancor più banalmente ad oggi, un post su un social network. Più complesso sarà per la gente comune.
Anche le motivazioni saranno differenti. In primis la rivelazione può derivare dal proprio attivismo politico. In secondo luogo da un’esigenza ancora più concreta e rilevante: godersi la propria vita e la propria quotidianità. Infatti, non sarà più necessario nascondersi o occultare la propria identità ed il proprio vero IO.

– Elementi storici del coming out

Possiamo considerare Karl Heinrich Ulrichs come il teorico del coming out. Ulrichs fu il pioniere dell’attivismo omosessuale. Personalità eclettica e grande uomo di cultura, espresse la sua omosessualità già nel 1869. Fu il primo a concepire il valore politico dell’uscire allo scoperto.
Infatti, fu anche fine giurista ed immaginò cosa sarebbe significato se migliaia di persone avessero dichiarato il proprio orientamento, giudicato non conforme, alle autorità dell’epoca. 
Avrebbero, secondo la sua teoria, obbligato il legislatore, non solo a non ignorarli ma, anche, a tutelare la posizione giuridica.
Sulla sua falsariga la prima dichiarazione di omosessualità celebre fu quella del poeta americano Robert Duncan. Egli rilevò apertamente l’oppressione vissuta dalla comunità omosessuale sul finire dell’Ottocento.

Il primo omosessuale dichiarato, in Italia, arriverà molto sopo, negli anni ’70 del Novecento. Fu Giò Stajano, nipote del gerarca nazista Achille Starace. Fu apripista solitaria del movimento omosessuale, pur non aderendovi mai.
Fu, inoltre, il primo uomo a sottoporsi ad intervento chirurgico di nuova attribuzione del sesso, prendendo il nome di Maria Gioacchina e diventando la prima giornalista ad aver pubblicato articoli prima e dopo il cambio di sesso.

– Le più grandi paure ed i più grandi limiti del coming out

Indipendentemente dai riferimenti storici e dal momento in cui si matura questa decisione, non si tratta mai di un percorso facile.
La più grande paura coincide, infatti, con le risposte che si potrebbero ricevere dalla società. E, soprattutto, dai cambiamenti che potrebbe comportare il coming out nelle relazioni con gli affetti più cari, come i genitori, i figli, gli amici, i parenti, la moglie o il marito.
Altrimenti non si nasconderebbe la propria identità di genere o la propria omosessualità. E quindi non si proverebbe timore dell’eventuale scoperta ad opera dei familiari. Inoltre, è, purtroppo, da tenere in conto che le reazioni potrebbero essere di rabbia. O perché animate dagli stessi preconcetti che permeano la società. Oppure per quel bene malato che si vuole alle persone vicine, soprattutto quando si è preoccupati della potenziale emarginazione che la persona cara potrebbe subire.

Sarà, quindi, difficile per la persona omosessuale scegliere di essere tale. Nel senso di rendere pubblico il suo orientamento e di collocarsi, di fatto, in quella porzione di società considerata da emarginare.
Potrebbe non sentire, emotivamente, le forze per combattere questa battaglia.
Ciò nonostante, ad una più attenta riflessione, investe molti più sforzi ed energie nel tentare di nascondere la sua vera identità, o nell’occultare le sue relazioni.
Rispetto al rapporto con se stesso, dovrai imboccare un percorso che doni nuova dignità, poiché nascondersi è sempre umiliante.

– Il rapporto con i genitori e la reazione al coming out

Dovrà, poi, rassicurare i proprio genitori. Quello che sembra far male al momento della rivelazione, è solo un passo verso la riconquista del vostro rapporto.
Rapporto che dovrà essere fondato su rispetto ed amore reciproco, che non può non basarsi su trasparenza e sincerità.

Inoltre, sollevali dal senso di colpa: la tua omosessualità non è colpa loro.
E non lo è, semplicemente, perché non è una colpa. Non è immorale. È un dato di fatto. E’ parte del tuo IO. Senza alcuna vergogna.
Contemporaneamente, non colpevolizzarti. Sei responsabile delle tue azioni, emozioni e reazioni, non di quelle altrui.
Anche quando le altre persone in questione sono i tuoi genitori. Non dovranno capire il tuo essere, semplicemente accettarlo. Se non dovessero farlo, non sarà un tuo demerito. Inoltre, essere fieri di te è solo una loro scelta. 

Se presente in famiglia, chiedi aiuto ad una persona malleabile e di cui ti fidi ciecamente. Uno dei genitori o un fratello, ad esempio.
Potrebbe essere un grimaldello per aprire il resto della famiglia o, in ogni caso, un valido sostegno emotivo. È bello sapere che qualcuno ti accetterà sempre.

– Gli esempi famosi di coming out

Parlare di personaggi famosi non è gossip, è solo dare un esempio, fornire speranza. Infatti, il nostro comportamento da persone comuni potrebbe seguire quello esemplare di personaggi importanti.

Il primo coming out emblematico che ci viene in mente è quello di Tim Cook. Per due semplici motivi:

1. ci permette di sdoganare l’idea che tutti gli omosessuali appartengano al mondo dello spettacolo e vivano abbigliati di piume e lustrini
2. in secondo luogo ci fa capire come essere omosessuali è assolutamente compatibile a ruoli di rispetto e potere

Ai nostri occhi sembrano banalità, ma grandi porzioni della società credono il contrario.
Tim Cook è CEO di Apple e si è dichiarato orgogliosamente omosessuale. L’ha fatto non perché lo reputasse necessario, ma poiché voleva farsi esempio concreto per i molti ragazzi che non riescono, ancora, a superare la paura.
Della serie: fatelo! Se non è fallita la Apple non fallirà il mondo e non crollerà la tua vita!

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